LETTERA PATRIARCALE AL PAPA DI ROMA GIOVANNI PAOLO II
SULLA QUESTIONE
CONCERNENTE L’INTENZIONE DEL VATICANO
DI FONDARE UN PATRIARCATO UNIATE
IN UCRAINA
(traduzione dal testo originale in lingua greca, pubblicato sul sito Internet
del Patriarcato Ecumencio)
Prot. N.: 982
Al Santissimo
e Beatissimo Papa dell’Antica Roma
Giovanni Paolo II, saluto nel Signore.
Comunichiamo con tanto amore con Vostra Santità, per la preziosa salute per la quale incessantemente preghiamo, augurandoci calorosamente il suo ristabilimento, per porgere alla Sua osservazione un’importantissima questione riguardo i buoni rapporti tra le nostre Chiese, coltivati con tante fatiche e sacrifici. L’argomento emerso, come noi in seguito spiegheremo, ha la forza, se non verrà annullata la Vostra azione intrapresa, di distruggere tutto il progresso fin ora ottenuto e di condurre a una retrocessione tale, che questi [nostri] rapporti si troveranno ad un punto ancora più basso rispetto a un qualsiasi altro momento storico. In specifico, si tratta della Vostra intenzione di fondare un Patriarcato uniate in Ucraina, intenzione comunicata al nostro Beatissimo Fratello, il Patriarca di Mosca Alessio, dal Cardinale Walter Kasper, come riferitoci da Sua Beatitudine. Abbiamo letto, con dovuta attenzione e sensibilità, la lettera del 29 marzo rivolta alla nostra Mediocrità dal Beatissimo Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Alessio, e un documento allegato inviato al Dipartimento dei Rapporti Ecclesiastici Esterni della Santissima Chiesa di Russia, dal summenzionato Eminentissimo Cardinale Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’Unità die Cristiani. Leggendo tali documenti ci siamo molto rattristati. Questo perchè, nonostante la sensibilità di tutte le Chiese Ortodosse verso il metodo e la tattica uniate - nota a tutta la Chiesa Romano-Cattolica - generalmente e giustamente considerata come ecclesiologicamente scorretta e ingannatrice, poichè mira a fagocitare membri del gregge ortodosso strappandoli dalla loro Chiesa per reclutarli in quella Romano-Cattolica, la Vostra Chiesa, invece di scoraggiare tale presenza e attività, con la fondazione di un Patriarcato unito nella sofferente terra d’Ucraina, manifesta l’intenzione [contraria] e ne prepara l’incoraggiamento. Inoltre, con lo scopo di fondare la correttezza d’una simile azione, sicuramente non fraterna, è stato compilato l’allegato studio, da parte del summenzionato riferito Cardinale, inviandolo al Beatissimo Patriarca di Mosca. Tale studio, esaminato scientificamente, privo di fondamenta storiche, è inaccettabile e offende l’ordine canonico ortodosso per servire a progetti elaborati da secoli a danno della Santissima nostra Chiesa. L’Eminentissimo Cardinale Walter Kasper conosce bene, in qualità di noto teologo, l’irrealtà delle [sue] proposte interpretazioni, prive di fondamenta storiche, riguardanti la nascita e l’istituzione canonica dell’istituto patriarcale nel governo dell’intera Chiesa, sia in Oriente sia in Occidente, da aprte del IV Concilio Ecumenico di Calcedonia (451). Tali proposte hanno già avuto l’accusa, pure dalla stessa ricerca storica romano-cattolica, d’essere esiti malati di un’isteria polemica contro la Cattedra episcopale di Costantinopoli e contro l’istituzione patriarcale in genere, miranti solo a creare un fertile terreno per la teoria del primato papale, integralmente rifiutata dalla Chiesa d’Oriente in quanto ecclesiologicamente e canonicamente errata.
Così, le facilmente confutabili e arbitrarie interpretazioni sull’istituzione patriarcale, proposte nel documento in questione, corrono il rischio d’essere caratterizzate come un ritorno anacronistico a forme medioevali di teologia polemica dal momento che, in esse, viene sostenuta la teoria riguardante il primato papale attraverso la Donazione pseudo-costantiniana e gli Ordinamenti pseudo-isidoriani.
L’Eminentissimo Cardinale conosce molto bene che i Vescovi di Roma, fino allo scisma delle Chiese d’Oriente e d’Occidente, avevano la coscienza d’essere Patriarchi d’Occidente e agivano sempre in conseguenza di ciò. In questo spirito rispondevano agli inviti per rappresentare la Chiesa Occidentale nei Concili Ecumenici. Il fatto si desume dall’intera corrispondenza epistolare papale, soprattutto di Papa Gregorio I, verso i Patriarchi d’Oriente e dalle decisioni del Sinodo filo-papale (869-870), attraverso il canone 21, come pure dal Grande Sinodo di Costantinopoli (879-880), attraverso il canone 1, con i quali viene codificata la posizione ufficiale del Vescovo di Roma quale Patriarca d’Occidente avente un primato d’onore tra i cinque Patriarchi. Così, il canone 1 del Grande Sinodo di Costantinopoli (879-880) conferma il fondamentale principio canonico dell’inviolabilità dei confini giurisdizionali delle Cattedre Patriarcali con l’approvazione degli stessi rappresentanti del Papa che vi partecipavano: ‘’Questo Santo ed Ecumenico Sinodo ha definito che se qualcuno dei chierici provenienti dall’Italia, laici o vescovi, dall’Asia, dall’Europa o dalla Libia, soggiacciono a qualche limitazione, destituzione, anatema da parte del Santissimo Papa Giovanni, ciò sia reso valido anche per il Santissimo Fozio, Patriarca di Costantinopoli, nello stesso termine della punizione cioè destituzione, anatema, scomunica. D’altronde coloro che Fozio, il nostro Santissimo Patriarca, ha reso chierici o laici o aprte dell’ordine vescovile e monastico in qualsiasi parrocchia o li ha posti sotto destituzione, anatema, scomunica, ciò sia valido, nello stesso termine della punizione, anche per il Santissimo Papa Giovanni e la sua sottoposta Santa Chiesa di Dio dei Romani nello stesso termine della punizione; nessuno dei privilegi dati al Trono della Chiesa dei Romani e anche al suo Presidente siano innovati nè oggi nè d’ora in poi’’!
E’ ovvio che, con questo canone, vengono rifiutati, anche con l’approvazione dei rappresentanti papali, gli interventi arbitrati e anticanonici dei Papi Nicola I e Adriano II nelle questioni interne della Cattedra di Costantinopoli. Specificamente, ciò si riferisce al mancato riconoscimento della destituzione del Patriarca Ignazio e della collaborazione alla destituzione del Patriarca Fozio ed è per questo che l’intera disposizione ha per epicentro i rapporti tra queste due Cattedre Patriarcali. In questo modo, secondo la coerente applicazione di un fondamentale principio normativo generale della tradizione canonica riguardante i diritti dei Troni Patriarcali, principio rispettato dalla Cattedra papale fino al grande scisma (1054), è stata abolita l’unica intromissione anticanonica papale riguardante le questioni interne di un’altra Cattedra patriarcale nel primo millennio della vita della Chiesa.
Questo è mostrato anche dal relativo ed esauriente studio del famoso storico romano-cattolico, Fr. Dvornik, il quale osserva giustamente che, con eccezione fatta per le questioni di fede, l’intervento per questioni canoniche, nel caso dei Patriarchi Ignazio e Fozio, è l’unico avvenuto nel primo millennio e provocato, addirittura, dall’Imperatore bizantino ma ecclesiasticamente respinto dal suddetto canone. L’eccezione delle questioni di fede è facilmente comprensibile poichè, essendoci il pericolo dell’Ortodossia della fede, vengono abbattuti i severi limiti dei diritti territoriali di competenza per l’immediata e più efficace difesa della fede stessa.
Sulla base di questi criteri puramente ecclesiastici si sono formate, durante i tre primi secoli, non solo l’istituzione sinodale ma anche le prerogative d’onore delle locali sedi ecclesistiche più importanti (Roma, Alessandria, Antiochia, gerusalemme, Cartagine, Efeso, ecc.) e questo senza l’intervento imperiale o di altri, per affrontare comunemente in forma sinodale le questioni importanti della fede o dell’ordine canonico dall’apparizione delle eresie (gnosticismo, montanesimo, monarchianesimo, ecc.) e per le conseguenze delle persecuzioni (decaduti, lapsi, ecc.). Questa tradizione, essendo applicata in modo consuetudinario e divenendo abitudine durante i primi tre secoli, fu eccezionalmente istituzionalizzata come ‘’antica prassi’’. Ciò avvenne attraverso i canoni 6 e 7 del I Concilio Ecumenico (325), che costituì la base canonica della definizione finale del sistema patriarcale nel IV Sinodo, cosicchè venisse soddisfatta la pressante necessità di una migliore coordinazione della poliarchia metropolitana nell’esercizio del diritto delle ordinazioni e dei giudizi sui vescovi (canoni 14, 15 del Concilio Antiocheno; canoni 3,4,5 del Concilio di Sardi; canoni 2 e 6 del II Concilio Ecumenico, ecc.).
Indubbiamente, gli Imperatori preferivano la poliarchia metropolitana, da loro più facilmente controllabile come del resto si certifica dai loro arbitrati interventi anche nelle questioni di fede durante il IV e la prima metà del V secolo. Perciò, si può caratterizzare come priva di fontamenti storici la definizione del sistema patriarcale come ‘’costruzione imperiale’’ dell’epoca di Giustiniano I (527-565). Del resto, se questa caratterizzazione fosse anche solo ipoteticamente fondata, avrebbe ancor più valore per la Cattedra di Roma, in qualità di Cattedra della capitale dell’Impero Romano, prima tra le conque Cattedre Patriarcali. Naturalmente il prestigio politico delle città si collegava solitamente con la loro fiorente vita ecclesiastica e spirituale, ed è perciò che, alle Chiese di tali città, venivano riconosciuti e distribuiti, durante i primi tre secoli, le prerogative d’onore. Sono queste che costituiscono il principio ecclesistico fondativo per la formazione del sistema patriarcale e non di certo la politica imperiale sulle questioni ecclesiastiche.
In particolar modo, però, insistendo ad usare la teolgia polemica medioevale di Roma, riguardo l’elevazione patriarcale di Costantinopoli, si riproducono in modo completamente scriteriato e, certamente, errato delle argomentazioni prive di fondamenti storici sia sui principi con i quali la Cattedra costantinopolitana è stata elevata a Patriarcato, sia sulla comprensione dell’atteggiamento che la Chiesa di Roma aveva tenuto davanti a tale fatto. In questo modo, [il Cardinale Kasper] sostiene arbitrariamente che ‘’la struttura patriarcale, in particolar modo nel caso di Costantinopoli, è una costruzione imperiale’’, cosa che è stata confermata attraverso il canone 28 del Concilio di Calcedonia (451) nonostante l’opposizione di Roma.
La confusione è completa! Innanzitutto perchè il canone 3 del II Concilio Ecumenico (381) ha semplicemente confermato i primati di onore, attribuiti già per consuetudine, alla fiorentissima Chiesa di Costantinopoli i quali, con il canone 28 del IV Concilio Ecumenico (451), sono stati collegati con un’ampia giurisdizione ecclesiastica. Inoltre, i rappresentanti della Cattedra papale presenti al Sinodo non hanno espresso alcuna ‘’opposizione’’ ma hanno inizialmente mostrato delle riserve solo riguardo all’estensione della giurisdizione ecclesiastica [costantinopolitana] sull’Asia, sul Ponto e sulla Tracia. Tutto ciò è confermato dall’impeccabile testimonianza degli Atti del IV Concilio Ecuemnico i quali fanno decadere le errate supposizioni dello studio sul quale parliamo. Perciò tornare ad esaminare gli Atti del Concilio sarebbe molto più utile invece d’invocare le conosciute consunte e già vecchie argomentazioni della teologia polemica romano-catolica.
Si può facilmente constatare che i delegati della Cattedra papale nel IV Sinodo Ecumenico non solo non si sono opposti ma, al contrario, hanno sostenuto i primati di onore della Cattedra di Costantinopoli, così come sono stati riconosciuti attraverso il canone 3 del II Concilio Ecumenico. Naturalmente [i delegati] hanno espresso riserve sull’estensione della giurisdizione ecclesiastica attribuita [a Costantinopoli] con la dichiarazione che ‘’quanto si dice fin ora (con il canone 28), pare oltrapassare i termini del relativo canone (del I Concilio Ecumenico) e del relativo canone (del II Concilio Ecumenico); quanto espresso (dal canone 28) non è riferito nei canoni sinodali e può essere disdetto’’ (E. Schwartz, Act, II, 1, 3, 96). Comunque, [i delegati papali] hanno disapprovato categoricamente la retrocessione del Patriarca di Costantinopoli Flaviano al quinto posto [della gerarchia patriarcale] da parte del conciliabolo di Efeso (449) sottolineando che ‘’noi, Dio volendo, abbiamo il signor Anatolio come primo, loro posero il beato Flaviano come quinto’’ (E. Schwartz, Act, II, 1, 1, 78). Di conseguenza, i legati papali nel IV Concilio Ecumenico hanno riconosciuto espressamente e realmente applicato senz’alcuna ritrosia, il canone 3 del II Concilio Ecumenico, nonostante le loro riserve sull’estensione della giurisdizione della Cattedra costantinopolitana. Perciò le conclusioni tratte, riguardo all’istituzione patriarcale, sono non solo completamente prive di fondamenta, ma pure in evidente contrasto con la storia, se non addirittura progettate di proposito per esserlo.
Di analogo tenore, è anche la confusione storica riguardante le conseguenze delle decisioni dei Concili Ecumenici di Efeso (431) e di Calcedonia (451) poichè viene sostenuto erroneamente che quando ‘’i Patriarcati di Alessandria e Antiochia si separarono dalla Chiesa dell’Impero, sono stati considerati eterodossi (nestoriani e monofisiti), per cui al loro posto vennero fondati nuovi Patriarcati Ortodossi’’. Di fatto, attraverso le decisioni dei suddetti Concili Ecumenici, si sono separati gruppi di fedeli non concordi con la Chiesa canonica - comprendente quella di Roma - i quali non formavano certo dei Patriarcati, com’è sostenuto nello studio in questione. Ecco perchè non fu necessario fondare ‘’nuovi Patriarcati Ortodossi’’, come erroneamente si afferma nel medesimo studio il quale, evidentemente, è stato compilato solo per ‘’sostenere le comunità uniate dell’Oriente’’ e, invece, agisce come una nuova provocazione a danno della Chiesa Ortodossa ferendo i già tesi rapporti bilaterali sulla questione. L’autore avrebbe potuto porsi una domanda, mentre esprimeva i giudizi contenuti nello studio, certamente privi di base e indubbiamente erronei, giudizi riguardanti istituzioni ecclesiastiche consolidate da secoli di storia come il sistema delle Cattedre Patriarcali. Ciò, da una parte, perchè in queste Cattedre Patriarcali è compresa anche la stessa Cattedra papale e, d’altra parte, perchè la loro [delle Cattedre di Alessandria e Antiochia] parificazione con i Patriarcati dei nestoriani e degli anticalcedonesi, già durante il primo millennio, è incoerente con la costante posizione della Cattedra papale prima del grande scisma (1054). L’accettazione del concetto uniate contenuta nello studio in esame, secondo il quale ‘’i Patriarcati uniati possono essere considerati come paralleli ai vecchi Patriarcati Orientali (nestoriani e anticalcedonesi) e Ortodossi in quanto basati in una diversa visione ecclesiologica rispetto a quella ortodossa’’ è, dal punto di vista ortodosso, inaccettabile non solo perchè, sotto ogni apsetto, è errata, ma pure perchè non serve a ciò che apparentemente sembra, cioè a legalizzare la provocatoria e inaccettabile intenzione di fondare un Patriarcato Uniate in Ucraina. Indubbiamente, le conseguenze dolorose per la base ecllesiologica dell’ordine canonico del primo millennio di una tale provocatoria intenzione, sono ovvie come anche le argomentazioni offensive e prive di base utilizzate a difesa di tal intenzione. E’ ovvio il danno provocato ai rapporti bilaterali e agli sforzi adoperati per il rinnovo e la continuità del dialogo teologico costruttivo tra le nostre due Chiese. La giustificata preoccupazione della Santissima Chiesa di Russia trova piena solidarietà in tutte le Chiese Ortodosse. Perciò emerge la logica domanda sull’utilità di tale intenzione sotto le presenti condizioni. La presenza uniate nell’Ucraina occidentale non verrà rinforzata con la fondazione di un Patriarcato Uniate mentre tale decisione infiammerà la teologia polemica da ambo le parti e non senza danno per i rapporti dell’uniatismo con la Chiesa Ortodossa Ucraina. I rapporti già tesi, per la contrapposizione del recente passato, verranno acuiti ancor più con ignote previsioni per il futuro. Perciò l’anticipata prevenzione è preferibile a tutti i posteriori interventi terapeutici.Santissimo Fratello,
è evidente che la fondazione da parte Sua di un Patriarcato Uniate in Ucraina provocherà forti reazioni da parte delle sorelle Chiese Ortodosse, ed è probabile che faccia saltare i tentativi per proseguire il dialogo teologico tra le due Chiese le quali, dopo il fallimento dell’incontro di Baltimora, si trovano in un punto incerto e, inoltre, rafforzerà la diffidenza verso la Chiesa Romano-Cattolica, diffidenza che comunque sta aumentando tra le Chiese Ortodosse con il pericolo di tornare al clima di ostilità che dominava fino a pochi decenni fa. E’ dunque necessario che confermiate, con tutta l’enfasi e convincibilità possibili, al Popolo Ucraino e a tutte le Chiese Ortodosse che non avete intenzione di realizzare la fondazione di un Patriarcato Uniate in Ucraina annunciata dall’Eminentissimo Cardinal Kasper.
RendendoLe noto che tutto ciò viene riferito anche al Beatissimo Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Alessio, attraverso una nostra analoga Lettera Patriarcale, come pure verso tutti i Primati delle Chiese Ortodosse, abbracciamo la Sua Santità e con un bacio fraterno ci confermiamo nel profondo amore e onore in Cristo.29 novembre 2003
Di Vostra Santità diletto fratello in Cristo
+ Bartolomeo di Costantinopoli