KOSOVO

PASSATO, PRESENTE E FUTURO DEI SUOI MONUMENTI CRISTIANI IN PERICOLO


di Valentino Pace

“La pupilla del mio occhio in Te si annida” Graffito in lettere arabe con i versi del poeta persiano Hafiz (“La pupilla del mio occhio in Te si annida / Onorami di entrare, questa e la Tua casa”) posti all’ingresso della Bogorodica Ljeviska, di Prizren, a lode della sua bellezza, allora ancora in uso al culto ortodosso Gli studiosi di arte bizantina e medievale conoscono bene la ricchezza e il significato dei monumenti cristiani del Kosovo: territorio che, a conclusione della seconda Guerra mondiale, divenne regione autonoma (“Kosovo e Metohija”) della Repubblica serba della Jugoslavia. La storia dell’arte tedesca ha offerto un contributo alla loro conoscenza, che e anche un caposaldo storiografico: l’opera di Hamann Mc Lean e Hallensleben. Agli scritti di studiosi serbi come Boskovic, Radojcic, Djuric, Korac, Subotic, con le loro opere tradotte anche in altre lingue europee, o come Curcic, professore di arte medievale a Princeton, va fatto riferimento primario per le nostre conoscenze. Una recentissima bibliografia, curata da Michele Bacci, pubblicata in calce a un testo di Gojko Subotic, tratto da una conferenza tenuta in un convegno dedicato dalla Scuola Normale di Pisa nel 2001 ai monumenti in questione, ce ne offre infine un’aggiornata messa a punto. Se gli storici dell’arte non bizantinisti o medievalisti possono ignorarne le vicende artistiche (e storiche) tutti noi ne conosciamo tuttavia la drammatica storia dell’ultimo decennio, al seguito della disgregazione della Repubblica jugoslava prima, della recente guerra balcanica dopo. I suoi monumenti, fra i quali si contano alcuni dei piu significativi monasteri e chiese della storia serba, sono, dopo di allora, (o ‘dovrebbero’ essere) costantemente protetti dalle forze militari delle Nazioni Unite (“Kfor”) , affinche non abbiano a soffrire di gesti di fanatismo delle frange piu ostili alla presenza serba in un territorio oggi prevalentemente occupato da popolazione di lingua albanese e di religione musulmana. E’ cosi’ che i due principali siti della cristianita ortodossa del Kosovo, il “Patriarcato” di Pec (½XIII – ½ XIV sec.) e il monastero di Decani ( costruito fra il 1327 e il 1348) sono sotto la protezione delle truppe italiane delle Nazioni Unite (“Kfor”), la chiesa del monastero di Gracanica (1321) sotto quella delle Forze armate svedesi. Come piu volte si e letto sulla stampa internazionale questo ha significato e tuttora significa che non solo l’entrata e l’uscita da questi luoghi, ma gli stessi spostamenti della popolazione monastica e dei pochi civili avviene tuttora con la scorta di militari. Alla forte protezione di questi tre monasteri e chiese non ha tuttavia corrisposto protezione altrettanto rigorosa per altri siti, fra i quali i monumenti di Prizren, citta sostanzialmente poco danneggiata da guerra e disordini del 1999. In questo caso la protezione della comunita serba e dei monumenti cristiani era (e tuttora e) affidata alle Forze armate tedesche, che hanno in sostanza ritenuto sufficiente la loro recinzione con filo spinato. Ma fra la notte del 17 e del 18 marzo scorso (e nei giorni immediatamente successivi) e accaduto quel peggio che si era temuto, che soprattutto era stato temuto dal clero ortodosso con le ripetute richieste, ai Rappresentanti delle Nazioni Unite in Kosovo, di una loro maggiore protezione: disordini fomentati da estremisti albanesi hanno condotto, fra l’altro, all’assalto dei monumenti cristiani della citta e dei suoi dintorni. Ne e conseguita la distruzione delle due chiese cattedrali, della comunita ortodossa e di quella cattolica, ambedue del XIX secolo, con la perdita, in quella ortodossa, di una bella iconostasi del tempo e dell’intera collezione di icone; delle chiese tardo-medievali, con affreschi del tempo, del Salvatore, di San Nicola e di San Giorgio. Ma, soprattutto, e stata gravemente danneggiata la celebre Bogorodica Ljeviska. Dispiace dover dire che i danni sarebbero di certo essere stati assai minori se non solo la Kfor tedesca avesse offerto una maggiore forza di dissuasione, ma, ancor piu, se non avesse lasciato gli edifici senza assoluta protezione nei giorni immediatamente successivi. Nello stesso frangente i monasteri di Decani e Pec sono rimasti protetti dalla cintura di carri armati della Kfor italiana.. In sede storico-artistica quelli che piu si devono lamentare sono, comunque, i danni alla celebre “Bogorodica Ljeviska”, anch’essa al centro di Prizren, chiesa ricca di passato e legata inscindibilmente alla committenza del sovrano Milutin (1282-1321), ben nota per i suoi splendidi affreschi (prevalentemente di inizio trecento), per l’immagine di committenza sulla porta del suo ingresso e, fra gli altri, per la piu antica e venerata immagine (1220-1230 ca.) della Madonna, che tiene il braccio il Figlio, detto il “Cristo nutritore”. E’ una chiesa che, come ricordano i versetti qui posti in epigrafe, ha trovato ammirazione anch presso i musulmani, prima ancora che fosse trasformata, secoli dopo la conquista ottomana del 1455, in moschea (tanto che alcuni serbi non ne temevano tanto il danneggiamento degli affreschi, quanto la loro scialbatura per un’eventuale riconversione della chiesa in moschea). Nella notte fra il 17 e il 18 marzo e nei giorni immediatamente seguenti quest’affresco ha corso il rischio di essere distrutto e, con gli altri, di essere irrimediabilmente danneggiato. Quanto qui riportato si basa sul resoconto effettuato il 27 marzo da due studiosi serbi, gli architetti Zorana Garic e Jovica Lukic, confermato e precisato per le notizie sullo stato degli affreschi da Donatella Zari, li in missione a meta maggio. La Zari si e recata a Prizren come consulente dell’Istituto Centrale di Restauro [= ICR] di Roma, per incarico della sede veneziana dell’UNESCO (responsabile dell’area balcanica) al fine di presentare un progetto di restauro d’urgenza. Notizie sull’accaduto, con dettagliata attenzione alle valenze artistiche e architettoniche dei monumenti, sono state anche riferite da una conferenza pubblica del prof. Slobodan Curcic, presente anch’egli a una missione di ricognizione dell’Unesco nel mese di marzo, dopo averne compiuta altra simile giusto un anno precedente. . Si e dunque potuto ricostruire che il fuoco, appiccato con bottiglie incendiarie e copertoni di auto in piu parti della Bogorodica Ljeviska, ha naturalmente bruciato le parti lignee, come le scale d’accesso al piano superiore del nartece, annerendo col suo fumo gli affreschi. La torre campanaria sul fronte (Abb.1) ha subito i danni peggiori ed e stata fortemente indebolita nelle sue strutture, minacciando di crollare alla minima scossa. Adesso scoperchiati gli affreschi sottostanti dell’endo- e dell’esonartece rischiano di essere ripetutamente lavati dalle future piogge. Gli affreschi dell’esonartece non hanno subito danni, quelli dell’endonartece purtroppo si, perche proprio sulla porta d’ingresso e stato appiccato il fuoco che ha annerito, fra l’altro, il celebre ritratto dei Nemanja. All’interno la navata centrale e la navata di sinistra non hanno subito danni irreversibili, salvo l’affumicamento apparentemente non grave degli affreschi. Diversamente la navata di destra ha subito piu devastanti coinseguenze dal fuoco e gli affreschi vicino alla scala di legno hanno subito alterazioni irreversibili del colore. Sull’affresco della Vergine di Ljevisa, annerito dal fumo, sono state inferte scalpellature che ne hanno prodotto una vasta lacuna che dal basso giunge fino ai piedini del Bambino e al simbolico cestello che tiene in mano. (Abb. 2) I frammenti dell’affresco sono stati ritrovati sul pavimento e depositati su un vicino ripiano, con la speranza di una sua reintegrazione. Come si e detto, la “Bogorodica Ljeviska” non e stato purtroppo l’unico edificio ad essere danneggiato. Tra gli altri di particolare valore artistico (per importanti che siano stati non e qui il caso di trattare degli edifici di pura valenza cultuale) i maggiori danni sono stati subiti dal monastero di Devic, saccheggiato e incendiato, mentre quello dei ss. Arcangeli (1343-1352), pure saccheggiato e in parte incendiato, non ha avuto danni nella sua parte medievale, del XIV secolo (per esempio non risulta danneggiata la lastra tombale del suo fondatore, l’imperatore Stefan Dusan [1331-1355]). Distrutta pure la chiesa di Musutiste, dei cui affreschi circola la voce, non confermata, che frammenti siano in vendita a 5.000 euro er ciascuna testa di santo. Incerta la sorte della chiesa di San Giorgio, dei cui affreschi absidali restano solo, a detta di Donatella Zari, solo impronte come se ne fosse stato fatto uno strappo di cui si ignorano le circostanze. Non documentate, ma in questa circostanza plausibili, circolano anche voci sulla vendita clandestina delle icone gia’ appartenute a questi e altri edifice. In tutto questo frangente e piuttosto sconfortante l’assenza di interesse, ovvero la sostanziale disattenzione, di conseguenza l’ignoranza del mondo “occidentale”, ove si eccettui l’azione dell’Ufficio veneziano dell’UNESCO e, da parte di questa Istituzione, la recentissima inclusione del monastero di Decani nell’elenco del World Cultural Heritage. L’unica nazione che, a conoscenza mia e di chi altro ha direttamente operato e opera nel Kosovo, ha fatto e sta facendo qualcosa, e l’Italia, come risulta chiaro da piu circostanze. All’inizio due importanti convegni, cui parteciparono personalita della cultura e della politica dei paesi interessati: nel marzo-aprile del 2000 a Venezia sul tema “Guerra e Beni Culturali”, promosso dalla Facolta di Architettura dell’Universita di Trieste, per cura del prof. Sergio Pratali Maffei, nel marzo 2001 a Pisa, sul tema “Monumenti del Kosovo. Un patrimonio da salvare”, promosso presso la Scuola Normale Superiore di Pisa dal suo direttore, prof. Salvatore Settis, Operativamente importante e poi, soprattutto, l’organismo italiano denominato ”Intersos”, che, operando con fondi del Ministero degli Esteri italiano e con il braccio “scientifico” dell’ICR, ha provveduto a diverse iniziative. Di grande importanza e stata la mappatura dei monumenti del Kossovo, condotta in collaborazione con l’Istituto per la Protezione dei Monumenti della Repubblica di Serbia, pubblicato in un volume apposito. E’ stato poi effettuato un primo monitoraggio degli affreschi degli edifici di Pec (la chiesa dell’”Odigitria”), di Decani e di Gracanica, effettuato da Carlo Giantomassi e Donatella Zari, oltre a un congiunto intervento di restauro a una moschea di Pec, per ovvie ragioni di opportunita politica e di interesse al patrimonio culturale e storico ‘in se’, aldila di pregiudizi confessionali. Intersos e ICR, con fondi del Ministero italiano degli Esteri, hanno adesso pianificato un intervento di restauro di lunga durata, sotto la direzione del dr. Alessandro Bianchi (ICR) e con la piena collaborazione sia del clero ortodosso sia del Ministero della Cultura della Repubblica di Serbia, in part. del suo Istituto per la Protezione dei Monumenti: in una prima fase, con inizio dal settembre 2004, si provvedera al monitoraggio del microclima delle chiese del patriarcato, con particolare attenzione allo stato di umidita delle mura degli edifici; in una seconda fase e prevista la documentazione completa degli affreschi (campagna fotografica e base grafica dei distacchi, delle alterazioni e delle lacune) delle chiese di Pec e Decani (oltre 5.000 mq di affreschi), con la speranza, fondi a disposizione permettendolo, di effettuare almeno un primo intervento di consolidamento su quelle parti che lo richiedessero. A questo cantiere e prevista la partecipazione congiunta di restauratori italiani e serbi, anche al fine di formazione e/o aggiornamento, alla luce dell’esperienza multidecennale acquisita dall’ICR nel campo del restauro dei dipinti murali. A questi aspetti di piu specifico versante scientifico e operativo si accosta poi l’opera di sensibilizzazione svolta da piu persone, istituzioni o associazioni: il nome di Alexander Langer, l’Eurodeputato dei “Verdi”, tragicamente scomparso nel 1996, puo e deve venire ricordato per primo in proposito, per le sue profetiche ammonizioni e osservazioni durante il vicino conflitto bosniaco; del Kosovo si e occupato, provvedendone informazioni e stimolando all’azione di protezione, l’”Osservatorio permanente per la Protezione dei Beni Culturali ed Ambientali in Area di Crisi”, diretto dal prof. Fabio Maniscalco, dell’Universita “L’Orientale” di Napoli; proprio per la salvaguardia dei suoi monumenti e stata di recente costituita un’associazione, su iniziativa della dr. Elisabetta Valgiusti, che e anche riuscita ottenere una conferenza stampa in una sede del Parlamento italiano, tenutasi nel maggio scorso. Da li una straordinaria coincidenza di interessi, sui poli opposti dello schieramento politico e parsa animare la volonta di continuare il sostegno, di politica culturale (protezione e restauro) ai monasteri minacciati. Infine a Venezia lo scorso luglio una conferenza stampa e stata promossa dal Comune, sotto l’egida del prof. Massimo Cacciari (gia sindaco della citta), per sensibilizzare ancora una volta e invitare a una concreta azione gli esponenti della cultura e della politica italiana. Il Kosovo, con i suoi monasteri, con gli affreschi delle sue chiese in primissimo luogo, ci trasmette vicende della nostra storia europea cui in Europa, non solo in Italia, ma anche in Germania, in Francia, in Inghilterra e altrove dovremmo essere piu sensibili. In tempi di emergente insofferenza fra mondo cristiano e mondo islamico il Kosovo, ‘in’ Kosovo e altrove, dovrebbe segnalarci e trasmettere la volonta di coesistenza. Auguriamoci che questo auspicio non resti un sogno.


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