Monachesimo Orientale
Per chi vive nel deserto, la vita è beata, perché per il divino amore mettono ali (Ps 119, 4).
Dobbiamo
dire innanzitutto che i padri nel deserto sono una lucerna nelle tenebre, un
sole che illumina e riscalda le menti, la protezione dopo Dio, la Signora Theotokos
e tutti i santi.
L’attenzione degli uomini verso la vita ascetica esiste sin dall’inizio
della presenza umana in questo mondo. Questo feno-meno riguarda certamente la
psicologia e la sociologia, ma in questa occasione ci interesseremo unicamente
del suo aspetto teologico.
Per la maggior parte delle persone che percorrono questa strada, la spiegazione
del fenomeno è che essa è l’autentica strada della filosofia.
Infatti, la via monastica è definita come «l’arte delle arti,
la scienza delle scienze». Non è una ideologia. E’ pura filosofia
di vita, è il perfetto metodo di esprimere ciascuno la propria esistenza
in questo mondo.
Siamo del tutto certi che quanti siamo nati, moriremo: la via monastica è
quindi una filosofia della morte. «Bada a morire prima di morire, per
non morire quando morirai». Cioè: «Bada a morire al mondo
e alle passioni prima di morire fisicamente, per non morire alla vita eterna
quando morirai».
Il filosofo Aristòtele, riferendosi alla società, ha detto: «l’uomo
solo o è una bestia o è un dio». Anche i filosofi platonici,
gli epicurei e i cinici, come anche gli stoici, sono sinceri amici della vita
ascetica; soprattutto la ritengono così necessaria da considerarla la
base della filosofia.
Se perciò credete in un’altra vita, o in qualche ricompensa, o
nella reincarnazione, o che «tutto finisce qui», l’ascetico
metodo di vita – nelle sue varie forme – si manifesta in Oriente
(specialmente in Cina e in India), al centro del mondo antico, il Mediterraneo
(Grecia, Italia, ma anche nel Settentrione), come anche nel Nuovo Mondo (Indiani,
Maia, ecc.).
La Vita di sant’Antonio
il Grande, scritta da sant’Atanasio il grande, è stato un libro
che oggi potremmo definire un “best seller”, amato e letto –
insieme alle altre opere ascetiche – nei primi secoli in tutta l’Europa.
Esso ispirò la grande diffusione della civiltà monastica e a-scetica
della Chiesa indivisa. A quel tempo non abbiamo riferimenti se esisteva un monachesimo
organizzato. Abbiamo però qualche indicazione per quel che riguarda l’anacoretismo,
soprattutto in forma rigida (sant’Onofrio, nel deserto, non vide nessuno
per circa 60 anni).
Partiamo dagli inizi della predicazione cristiana. Patrono e modello del monachesimo
è ovunque ritenuto san Giovanni il Precursore, il Battista. La sua figura
è determinante e simbolica per la filosofia monastica: egli è
l’araldo della conversione e il grande asceta («maestro di conversione,
difensore e protezione dei monaci»).
Guardando all’Antico Testamento, incontriamo prime forme di vita monastica
con il profeta Elia, del quale purtroppo non possiamo parlare dettagliatamente
– in mancanza di tempo. La sua figura è un esempio del metodo della
preghiera e della isichia.
Nel Nuovo Testamento leggiamo le parole del Signore a proposito di coloro che
“per il Regno dei cieli si son fatti eunuchi, Mat 19.12», e anche:
«Venite a me, voi tutti che siete travagliati e afflitti e io vi darò
sollievo; imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro
per le anime vostre. Il mio giogo infatti è soave e il mio peso leggero».
E costantemente il Signore dava l’esempio: si ritirava in luoghi deserti
per pregare da solo.
Sant’Antonio il Grande, ascoltando il Vangelo: “Se vuoi essere perfetto,
vendi quello che hai, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi», diede inizio
alla sua avventura monastica.
Leggiamo la pericope del vangelo che parla di Marta e Ma-ria. Secondo il metodo
allegorico del secondo secolo, si riferisce alla scelta monastica. Secondo la
regolare interpretazione (stori-co-filologica), vediamo che Marta lavora come
tutte le donne (le conoscete, le donne: non cambiano mai), per la felicità
di ricevere il Signore, e di preparare un gran pranzo. Il Signore le spiega
che basta un semplice pasto; è meglio impiegare il proprio tempo nell’ascolto
delle sue parole, come Maria.
I pellegrini ai Luoghi Santi
e in Egitto, la diffusione della Vita di sant’Antonio, l’innata
predisposizione dei fedeli hanno formato i primi ambienti monastici sistematici
sia in Oriente che in Occidente.
Il monachesimo – secondo l’odierno pensiero – ha origine egiziano
- gerosolimitana, e da lì si è diffuso. I grandi personaggi del
monachesimo - sia anacoretico (il grande Saba), sia cenobitico (il grande Teodosio),
sia misto (il grande Pacomio) - è frutto di quelle terre.
Tralascio l’analisi della diffusione del monachesimo in Occidente (questo
libro è ottimo a proposito, deve essere letto da tutti). Ricordo soltanto
che san Benedetto di Norcia, nel 6° secolo (di lui parla san Gregorio Magno),
nella sua Regola afferma che egli ha scritto per i non iniziati. Per un grado
avanzato, si rivolge ai canoni di Basilio il Grande.
Storicamente, in Occidente, tutto è stato governato da una mentalità
giuridica. Il timore delle eresie, il desiderio di evitare differenze nei generi
di vita monastica, hanno spinto le Autorità – sin dai tempi di
Carlo Magno, nell’8° secolo, con Benedetto di Aniane – a imporre
a tutti i monaci i canoni di Benedetto di Norcia.
Mentre dunque Benedetto di Cluney ripone la vita monastica nella magnificenza
e nella filantropia, i Cistercensi (Roberto e Bernardo) ritornano allo spirito
ascetico.
Ed ecco Bruno, professore a Colonia (e maestro del futuro papa Urbano II) volgendosi
alla ricerca delle fonti, giunge a riportare il monachesimo alla sua primitiva
bellezza e si fa eremita nella valle montana di La Chartreuse. In seguito si
riunirono attorno a lui dei discepoli, che crearono una skiti, mettendone per
iscritto la Vita e le opere e l’insegnamento. Così fu definito
un tipo di eremitismo cenobitico (la cella del monaco è il suo paradiso).
Questo è il cammino, di solito, dell’espressione e della tra-smissione
della pratica monastica.
Una persona carismatica, di quelli che appaiono ogni cinquanta anni, con una
speciale attitudine donata da Dio santo, osa allontanarsi dalla vita mondana
nella solitudine ( ciò che è chiamato anachoresis – a?a???es??-
e apotaghì). Comincia una vita ascetica e di combattimento sovrumana,
usando l’esperienza dei predecessori, in più concepisce nuove forme
di combattimento e di ascesi. Riesce con l’aiuto di Dio e viene abbellito
da grandi carismi. in seguito la sua figura attira intorno a lui discepoli che
cercano le stesse cose. Lui insegna attraverso la sua vita e di solito non ci
lascia suoi scritti ma sono i suoi discepoli che annotano scrupolosamente i
suoi insegnamenti. In questo modo nasce una continuità ma anche un rinnovamento
della tradizione ascetica, perché con il passare del tempo la tradizione
monastica può avvizzire per mancanza di desiderio ardente nella maggioranza
dei monaci.
Ai nostri giorni, sul Santo
Monte, insieme ad altri grandi padri, è vissuto il santo ghèron
Iosif. Con la sua sovrumana ascesi è avanzato molto in alto nella vita
spirituale, e ha lasciato ai suoi discepoli il desiderio di tornare alla veneranda
tradizione patristica. I suoi discepoli oggi guidano circa un terzo del Santo
Monte, importanti monasteri di Grecia e di Cipro, e anche 16 monasteri negli
Stati Uniti.
Prima di fare qualche cenno sulla presenza monastica in O-riente, avverto che
non esiste il fenomeno degli Ordini monastici o delle Congregazioni. Giammai
i monaci hanno preso il nome del loro fondatore come, in Occidente, i Francescani
da Francesco di Assisi, i Domenicani da Domenico di Guznam, e così via.
Lo stesso nome di monaci Basiliani – usato dalla Chiesa cattolica per
gli Uniati (o “Cattolici di rito bizantino”) è sconosciuto:
una invenzione propagandistica. L’appartenenza monastica è una
sola; uno solo è l’ordine monastico. Ci sono diversi percorsi (il
cenobio o l’esicasmo), ma comune è la lotta. In Occidente, è
noto, ci sono Ordini con regole proprie e Congregazioni. Anche se famosi, alcuni
Ordini in realtà non sono di monaci, ma delle confraternite... I Certosini
sono monaci, i Salesiani sono una Congregazione. I Francescani, secondo la Chiesa
cattolica, non sono “monaci” ma appartengono a una organizzazione
di Fratelli Mendicanti.
Storicamente, i principali centri monastici sorgono in Egitto, in Palestina,
Siria e Cappadocia. In seguito, si notano quelli della Bitinia, del Santo Monte
e delle steppe russe. Dovunque si segue la stessa tradizione ascetica. Non ne
parlerò, ma ricordo soltanto che i monaci svolgono un grande ruolo nella
ricerca teologica e nell’antropologia cristiana: «Se sei teologo,
prega davvero; se preghi veramente, sei un teologo». Anche per questo,
i maestri della teologia – i vescovi – almeno dall’8°
seco-lo sono scelti sempre tra i monaci.
San Giovanni il Sinaita scrive
in quello che è quasi la Carta Costituzionale della società monastica,
“La scala del Paradiso”:
Quando la mente tornerà dal suo errare nel mondo percepito, dal suo espandersi
con le passioni e con il mondo intorno, si sarà saturata con immagini
e fantasie. Osserva l’uomo dentro, vede l’abominevole maschera dal
suo errare nelle cose di sotto. Si precipita a purificarsi con il lutto - il
pentos. Con il lutto segue la pace, l’isichia e la conoscenza di Dio.
Successivamente con l’allontanamento dalla mente di ogni riflessione si
preserva dall’errare della mente. Questa è la rigenerazione dell’uomo.
L’allontanamento volontario, l’isichia, lo staccarsi dagli uo-mini e dalle cose del mondo sono la premessa e l’inizio di una vita monastica. La longanimità per gli imprevisti della vita, l’umiltà e la preghiera fondano il suo lavoro. Sono anche suoi frutti l’accedere alla speranza e il godere per i doni ricevuti da Dio. Quando il monaco scopre la chiave per gli oltremodo gloriosi misteri dello Spirito allora termina anche la sua ascesi. E quando conquisterà lo spirito colloquiale con l’amore davanti al Signore che ama, il suo cammino arriverà alla sua destinazione .
p. G.