Il
monachesimo ortodosso
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La
fine del periodo di persecuzione e martirio dei cristiani coincide con la
presenza di un “fenomeno nuovo” collocato nel tempo, verso la fine del III
e l’inizio del IV secolo d.c. e, geograficamente,
in Egitto.
Uomini e donne, desiderando un rapporto più diretto e
personale con Dio, cominciano ad abbandonare la vita mondana delle città.
Rifugiandosi nel deserto, cercano di ottenere la purificazione dai peccati
della carne, ma anche da quelli dello spirito.
Non si può affermare
che la pratica di abbandonare i beni mondani sia un’attività introdotta dal
cristianesimo, al contrario si riscontra
come un fenomeno consueto nelle antiche comunità. Questo fenomeno assume, però,
un significato nuovo ed importante durante il periodo che comprende, come
detto, il III e IV secolo d.c..
Una delle più note
personalità del periodo iniziale del monachesimo è sicuramente sant’Antonio il Grande[i],
la cui vita è narrata da sant’Atanasio d’Alessandria nel 356 d.c..
Leggendo il testo della vita del santo, ci si
accorge che sant’Atanasio presenta sant’ Antonio come l’esempio da seguire per
ogni eremita, monaco e cristiano. Molti infatti sono i cristiani che hanno
imitato l’esempio del santo andando a vivere una vita di isolamento e di
purificazione.
All’inizio
sant’Antonio viveva nel deserto in totale solitudine poi, gradualmente,
cominciò ad accogliere
dei seguaci che
accorrevano attratti dalla sua fama.
Insieme a loro cominciò a costruire le prime “skite” sulle rive del
fiume Nilo.
Sant’Antonio insegnava una vita monastica
basata sulla misura, senza arrivare all’umiliazione della carne. Il suo
insegnamento veniva imitato dalle centinaia di persone che in quegli anni
riempivano il deserto cercando di giungere ad un completamento spirituale. Il
seguente aneddoto, menzionato nella storia ecclesiastica di Socrate, ci aiuta a
capire meglio cosa ispirava il santo nella sua visione del Divino. “Un giorno
chiesero a sant’Antonio quale fosse il suo pensiero sulla creazione ed
il santo rispose che il suo manuale era la natura: tutte le volte che voleva approfondire la
parola del Signore, gli bastava osservarla con attenzione.”
I cristiani che
abbandonavano i beni mondani, indirizzandosi nel deserto e cercandovi rifugio,
vi trovavano eremiti illuminati che li sostenevano nella loro battaglia contro
le tentazioni. Spesso, in mezzo ai loro alloggi, costruivano una chiesetta ed
un forno per soddisfare i bisogni spirituali e della carne della loro vita nel
deserto.
Questo modello
anacoreta, che incontriamo tempo dopo la fondazione del monachesimo al Monte
Athos, continuò a fiorire parallelamente con altre forme di monachesimo, come
il cenobitico e l’idioritmico.
Quasi contemporaneo di
sant’Antonio il grande è anche il monaco Pacomio[ii], presenza e personalità ugualmente importante
per la crescita del monachesimo ortodosso.
Il monaco Pacomio, inizialmente pagano e
soldato di Roma, dopo aver abbracciato la fede cristiana, seguì la strada di
tanti andando nel deserto. Pacomio non ci mise molto a capire le difficoltà che
presentava la vita monastica nel deserto e per fronteggiarle organizzò un
diverso modello anacoreta istituendo il “cenobio”: i monaci che seguivano il
modello cenobitico non vivevano in totale solitudine nel deserto, ma in alloggi
costruiti sulle rive del fiume Nilo.
Le comunità
fiorite sotto la guida di Pacomio erano moltissime e in esse i monaci vivevano
in comune, dentro costruzioni circondate da mura all’interno delle quali si
trovavano le celle dei monaci, una chiesa, il refettorio e i laboratori. La
regola fondamentale del modello cenobitico era l’ubbidienza al padre
spirituale, il quale guidava i monaci sia nella loro vita spirituale che in
quella quotidiana e comunitaria.
La letteratura di quel
periodo descrive le vite dei padri del deserto, diventando lettura amata sia
dai monaci di tradizione orientale, che da quelli di tradizione occidentale. Un
posto di rilievo è da riservare ai testi “I detti dei padri del deserto”,
“Storia dei monaci”, come anche “La storia di Palladio”.
Dal deserto egiziano,
il monachesimo si diffuse velocemente in diversi territori dell’oriente, come
in Cappadocia, ma anche in Siria e Palestina, dove lo ritroviamo già dal IV
secolo d.c..
Padre Placide
Deseille, circa la diffusione del monachesimo in Cappadocia, scrive: “Il modello
delle comunità monastiche in Cappadocia
era abbastanza diverso dal modello seguito dai monasteri che si
ispiravano a san Pacomio, comunque era evidente che la concezione della vita
monastica era sostanzialmente uguale. Quello che le caratterizza è il desiderio
di realizzare una comunità cristiana perfetta, imitando la vita dei primi
cristiani sotto la guida degli Apostoli, dove sarà possibile purificarsi dalle
conseguenze del peccato, e dove l’umanità liberata, come corpo di Cristo, sarà l’icona del Dio
unico.”
Importantissima fu la
figura di san Basilio il grande ed il suo contributo allo sviluppo del
monachesimo orientale.
San Basilio detta
regole per una vita monastica cenobitica tra la gente e non solo nel deserto.
Le sue regole riguardano problemi della vita cenobitica, senza però regolare
rigidamente e con precisione, la vita quotidiana dei monaci.
In queste piccole comunità ogni monaco o
monaca era in grado di mettere in pratica l’insegnamento cristiano dell’amore
verso il prossimo. Secondo san Basilio i
monaci e le monache non dovevano rifiutare completamente il mondo, ma, al
contrario, dovevano aiutarlo offrendo un aiuto economico, spirituale e
culturale.
Le regole di san Basilio, da una parte rispecchiavano la sua personale visione e dall’altra lo
sforzo della chiesa di assorbire il “rivoluzionario” mondo monastico
inquadrandolo sotto la gerarchia ecclesiastica.
La fondazione del
primo monastero nella città di Costantinopoli risale alla fine del IV secolo:
si tratta del monastero Dhalmàtu costruito nel 382 d.c., fuori le mura della
città, dall’asceta Isacco, originario della Siria.
Il nome del monastero
deriva dal successore di Isacco, Dhalmatio che, prima di diventare monaco, era
sotto il servizio dell’imperatore come ufficiale dell’esercito.
Durante il periodo
successivo si osserva il fenomeno di una moltiplicazione dei monasteri in tutto
il territorio; nella sola città di Costantinopoli, dentro e fuori le mura, nel
536 si contano almeno settanta monasteri. In particolare, in diverse zone
montagnose, si sviluppano diversi centri monastici, come sul monte Sinai e sul
monte Afxendiu. Il centro monastico del monte Latros invece risale al VII
secolo. Le “lavres” in Palestina e
Siria, inoltre, continuano a prosperare fino
alle incursioni arabe intorno al VII secolo d.c., quando le condizioni
degli
isolati anacoreti del
deserto diventano difficili e pericolose.
Un altro
importantissimo centro per lo sviluppo del monachesimo era la Terra Santa, dove
erano affluiti centinaia di anacoreti cristiani. Come fondatori delle
istituzioni monastiche della zona vengono presentati i santi Ilario, Caritone
ed Eftimio. Il lavoro di sant’Eftimio viene continuato da san Saba[iii]
(439-532), che ha legato il suo nome al piu’ importante monastero fra quelli
sviluppatisi in Terra Santa.
Il VI e VII secolo
hanno conosciuto una delle piu’ importanti figure del monachesimo ortodosso,
san Giovanni Climaco[iv],
vissuto sul monte Sinai, famosissimo per la sua opera “climax (scala) delle
virtu’”. Il suo lavoro, tradotto in lingua araba, latina e slava, si
rivolge principalmente ai monaci, ma i laici non sono esonerati dalla lotta per
il perfezionamento spirituale.
Contemporaneo di san
Giovanni Climaco era Giovanni Moschos[v],
scrittore dell’opera “Il giardino spirituale”. Quest’opera, insieme con
la ’climax’, ha esercitato un’importantissima influenza, consacrandosi
come letture fondamentali per coloro che abbandonavano le cose terrene alla
ricerca di Dio.
Il monastero di Studì,
a Costantinopoli, ha esercitato un ruolo
importantissimo sia nel conflitto con gli iconoclasti sia nella rifioritura del
monachesimo ed è legato al nome di san Theodoro, igumeno del monastero, il
quale si è contrapposto al potere imperiale nel conflitto sulle icone, ma su
temi di moralità (come le nozze di Costantino IV).
San Theodoro parlando ai monaci durante l’ora
di catechesi, evidenziava spesso l’importanza della disciplina e del lavoro
manuale e spirituale all’interno della comunità monastica.
Negli scritti di San Theodoro viene
sottolineata, anche, l’importanza del matrimonio e del ruolo delle donne nella
vita della chiesa. Inoltre dai suoi
scritti si deduce che considerava la vita del monaco come un martirio
quotidiano.
Dopo il periodo buio
degli iconoclasti, l’843 d.c., con la vittoria dell’ortodossia, è
caratterizzato da una ripresa vitalità e da una fase di risveglio.
Nel IX secolo durante
il patriarcato di san Fozio, due monaci, Cirillo e Metodio, assumono
l’importantissimo onere di cristianizzare il popolo Slavo. Nello stesso
periodo, nel Peloponneso, in Grecia, i fratelli Simeone e Theodoro fondano il
monastero della Grande Grotta.
L’azione di vari monaci continua anche nel X
secolo, con il lavoro di Nicon in Peloponneso, di Luca Stirioti in Beozia e
soprattutto di Atanasio l’Atonita, con la fondazione al Monte Athos del
monastero della Grande Lavra.
Intorno alla fine del
VIII secolo e all’inizio del IX, i monaci cominciano a risiedere gradualmente
nella penisola del Monte Athos. La vittoria dell’ortodossia coincide con i
primi passi che porteranno la penisola del Monte Athos a diventare il
principale centro monastico, all’ inizio, dei Balcani e successivamente del
cristianesimo orientale.
Verso la fine del X secolo si ha già la
fondazione dei monasteri di Xiropotamu, Grande Lavra, Iviron, Chilandari,
Esfigmenu, Panteleimon, Vatopedi e Zografu, mentre nell’XI e XII secolo vengono
fondati i monasteri di Dochiariu, Kastamonitu e Kutlumusiu.
La fondazione di ogni
monastero presupponeva l’esistenza di almeno tre monaci e la redazione di un “tipicò” nel quale veniva disposto come
gestire la proprietà del monastero, le funzioni liturgiche, il lavoro e in
definitiva la vita quotidiana della comunità monastica. Il “tipicò” era convalidato, come consuetudine,
dal vescovo o dal Patriarca e in alcuni casi dall’imperatore. Nel caso del
Monte Athos il “tipicò” dei vari monasteri veniva convalidato
dall’imperatore, a partire dal primo che fu convalidato dall’imperatore
Giovanni Tzimiski.
Il monachesimo della
chiesa ortodossa si è collegato, verso la fine del X secolo e l’inizio dell’ XI
sec., con la mistica teologia, avendo come impo-rtantissimo rappresentante san
Simeone il nuovo Teologo, igumeno del monastero di san Mamanto a
Costantinopoli.
Nei suoi scritti san Simeone è riuscito ad
esprimere il desiderio ardente dell’animo dell’uomo per Dio. Dalle sue parole
traspare che l’ubbidienza del monaco al suo padre spirituale, come mezzo di
presa di coscienza dell’umiltà, costituisce una virtu’ superiore all’amore e
alla partecipazione ai santi misteri. Attraverso l’ubbidienza il monaco troverà
infatti la strada della diretta comunicazione con il Divino, che si esprime con
l’apparizione della luce increata.
Verso la metà dell’XI
secolo vengono costituiti diversi centri monastici, come Nuova Monì nell’isola
di Kios o il monastero di san Giovanni nell’isola di Patmos nel 1088. Nel XIV
secolo si nota la fondazione del centro monastico di Meteora e di diversi
importanti monasteri in Epiro.
Nel XIV secolo il monachesimo
conosce il movimento dell’“esicasmo”, il quale influenza in modo determinante
il percorso del movimento della mistica teologica. Con l’apparizione dell’esicasmo e la sua
diffusione, prima nei Balcani e successivamente fra i popoli slavi, si nota un
rifiorire della vita ascetica, spirituale e monastica in tutto l’oriente
cristiano.
E’ doveroso ricordare
che l’esicasmo si richiama al metodo di preghiera che, attraverso il silenzio
interiore, porta ad unirsi con Dio.
La preghiera “Signore Gesu’ Cristo, Figlio
di Dio, abbi pietà di me peccatore” che ogni monaco ripete incessantemente
dentro di sé, lo aiuta a trovare la quiete dei sensi e ad entrare in
comunicazione con il Divino.
L’esicasmo è collegato in modo indissolubile
al nome di Gregorio Palamas che per primo ha descritto i punti cardine del
movimento esicasta. Considerando l’esicasmo da un punto di vista spirituale, si
desume che è l’evoluzione naturale dei primi anacoreti e padri del deserto.
A partire dal XV sec. si nota un diverso modello di organizzazione monastica chiamato idioritmico il quale è stato adottato, durante il periodo dei Paleologi da alcuni monasteri sul Monte Athos.
La forma di questo modello, come dice anche il
nome, permetteva l’autogestione di ogni monaco,
autorizzandolo a possedere un patrimonio personale e a soddisfare i suoi
bisogni attraverso il lavoro personale.
Con il crollo
dell’impero Bizantino nel 1453, sotto la spinta degli Ottomani, le comunità
monastiche in oriente e nei Balcani entrano in un duro periodo di crisi che
dura fino alla fine del XV secolo, durante il quale il monachesimo trova la
forza, dal suo interno, di reagire: i monaci cominciano un lavoro di resistenza
spirituale ai maomettani e alla loro opera di scristianizzazione e
contemporaneamente fanno rivivere i centri monastici di Monte Athos e di
Meteora e di tutti i monasteri sopravvissuti dopo il crollo di Bisanzio. I
monasteri continuano a prosperare spiritualmente, per tutto il periodo
dell’occupazione ottomana, aiutando in modo concreto la conservazione della
fede e della cultura dei popoli oppressi dall’occupazione.
Verso la fine del
XVIII secolo, dal centro spirituale della Sacra montagna, parte il movimento
dei Kolivadhes, che porta alla rinascita della Filocalia e alla riscoperta dei
testi patristici in tutta la chiesa ortodossa.
[i] Sant’ Antonio il grande è nato nel 251 e si è
addormentato nel 356, in Egitto. La sua memoria viene festeggiata dalla chiesa
il 17 Gennaio.
[ii] San Pacomio è nato intorno al 290 e si è
addormentato nel 346. La sua memoria viene festeggiata dalla chiesa ortodossa
il 15 Maggio. I suoi scritti riguardanti
la vita cenobitica hanno costituito la base per l’evoluzione del monachesimo
cenobitico.
[iii] La vita di San Saba, come quella di san Eftimio, sono state scritte
da Kirilo Skithopoliti, il quale ci dà
importanti notizie sui due padri e sull’organizzazione monastica. San Saba ha esercitato sicuramente
un’influenza importantissima sulla eredità
liturgica e innografica della chiesa. Nello stesso monastero, alcuni secoli
dopo, troveremo i piu’ importanti innografi della chiesa: san Giovanni
Damasceno e san Kosmas di Maiuma.
[iv] San Giovanni Climaco (579-650) era abate del
monastero del Sinai. Il suo lavoro,”la scala”,
finisce citando la prima lettera di san Paolo ai Corinzi (13:13), secondo cui tre sono le piu’ importanti
virtu’: la fede, la speranza e l’amore, ma sicuramente l’amore è la piu’
grande.
[v]
Giovanni Moschos nasce in Cilicia fra il 540 e il 550
e si addormenta, quasi sicuramente a Costantinopoli, nel 634 d.c.