L'OBBEDIENZA
NEI CONFRONTI DEL VESCOVO EPARCHIALE
NELLA TRADIZIONE SPIRITUALE E CANONICA DELLA CHIESA ORTODOSSA
“Chi ascolta voi ascolta me; chi sprezza voi sprezza me, e chi sprezza
me sprezza Colui che mi ha mandato” (Luca X, 16).
“Benché fosse Figlio imparò l'ubbidienza dalle cose che
soffrì; edessendo stato reso perfetto, divenne per tutti quelli che gli
ubbidiscono, autore di salvezza eterna” (Ebrei V, 8-9).
“Ubbidite ai vostri Conduttori e sottomettetevi a loro, perché
essi vegliano per le vostre anime, come chi ha da renderne conto; affinché
facciano questo con allegrezza e non sospirando, perché ciò non
vi sarebbe d'alcun utile” (Ebrei XIII, 17).
“I presbiteri ed i diaconi non devono fare niente senza il permesso del
loro Vescovo, poiché a lui [al Vescovo] è stato affidato il popolo
del Signore e a lui [al Vescovo] sarà chiesto di renderne conto per le
loro anime” (Canone 39 Apostolico).
'obbedienza
canonica è definita come la sottomissione di fronte ai Comandamenti del
Signore e delle Autorità Ecclesiastiche. Tramite l'obbedienza canonica
qualunque membro della Chiesa rimane in comunione con il suo Vescovo e con Gesù
Cristo, partecipando alla vita divina della Chiesa tramite i sacramenti. L'obbedienza
canonica è un elemento fondamentale per raggiungere la nostra salvezza.
Le Sacre Scritture dell'Antico e del Nuovo Testamento, partendo dal Libro della
Genesi e sino all'Apocalisse, riportano numerosissimi brani che illustrano l'obbedienza
o la disobbedienza degli uomini nei confronti di Dio e le loro conseguenze “Poiché
siccome per la disubbidienza di un solo uomo i molti sono stati costituiti peccatori,
così anche per l'ubbidienza d'Un Solo i molti sarano costituiti giusti”
(Romani V, 19). Tra migliaia di esempi d'ubbidienza nei confronti di Dio riportati
dalle Sacre Scritture, la sempre Vergine Maria e Madre di Dio, è un esempio
di riferimento; accettando l'incarnazione del Verbo Divino nel Suo grembo e
la missione affidata dal Dio Padre, rispose all'Arcangelo Gabriele dicendo “Ecco
la serva del Signore; siami fatto secondo la tua parola” (Luca I, 38).
Il modello divino di obbedienza è il nostro Salvatore Gesù Cristo,
che nella preghiera stessa del Padre nostro ci comanda la totale sottomissione
alla volontà di Dio “venga il Tuo regno, sia fatta la Tua volontà
anche in terra com'è fatta nel cielo” (Matteo VI, 10). L'intera
opera redentrice del nostro Salvatore – dall'Incarnazione sino alla Crocifissione
- è la totale espressione d'ubbidienza nei confronti del Padre. Ciò
che l'uomo del paradiso non ha fatto, cioè l'atto d'ubbidienza nei confronti
del Dio Creatore (Genesi II, 16-17) ha compiuto il Figlio di Dio e nostro Salvatore.
Il Sacrificio di Cristo è l'espressione suprema dell'ubbidienza al Padre
sino alla morte e nello stesso tempo rappresenta l'atto di glorificazione del
Dio Padre, glorificazione che l'uomo non aveva portato a compimento ed era rimasto
debitore nei confronti di Dio “Io ti ho glorificato sulla terra, avendo
compiuto l'opera che Tu m'hai data a fare” (Giovanni XVII, 4).
L'ubbidienza e la morte di Gesù Cristo non hanno soltanto una semplice
equipollenza giuridica; infatti, guardando l'aspetto ontologico della Redenzione,
Dio Padre apprezzando la morte di Cristo come atto di glorificazione e di espiazione
per il peccato di disubbidienza dei nostri progenitori Adamo ed Eva, l'ha ricompensato
eternamente con la Resurrezione e con la Grazia che Gesù Cristo concede
agli uomini “Il quale, Dio ... annichilì se stesso, prendendo forma
di servo e
divenendo simili agli uomini .... abbassò se stesso, facendosi ubbidiente
fino alla morte, ed alla morte della Croce. Ed è perciò che Dio
lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il Nome che è al disopra di
ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio
nei cieli, sulla terra e sotto la terra, ed ogni lingua confessi che Gesù
Cristo è Il Signore, alla gloria di Dio Padre” (Filippesi II, 6-11).
L'ubbidienza ha come fondamenta l'Amore Divino “poiché Iddio ha
tanto amato il mondo che ha dato il Suo Unigenito Figlio affinché chiunque
crede in Lui non perisca ma abbia vita eterna” (Giovanni III, 16).. L'ubbidienza
è la nostra risposta d'amore a Dio ed è un dono dello Spirito
Santo dato a coloro che stanno nella Grazia di Dio. Dunque l'ubbidienza porta
con se salvezza, grazia e vita eterna.
Secondo lo stato religioso di ciascun cristiano (laico, monaco o chierico) possiamo
distinguere varie categorie d'ubbidienza canonica:
1. l'obbedienza dovuta dai laici ai chierici;
2. l'obbedienza dovuta dai
chierici di fronte alle gerarchie superiori, come conseguenza del fatto che
vescovo ha la pienezza del sacerdozio sacramentale; 3). l'obbedienza nello stato
monacale.
L'obbedienza dovuta dai laici ai chierici ha come fine il buon andamento della
vita spirituale propria e della comunità in cui vive ed equivale al rapporto
d'obbedienza dei figli verso i loro genitori spirituali secondo le Parole del
Salvatore il quale ci ha chiamati tutti all'obbedienza dei figli verso lo stesso
Padre.
La tradizione spirituale ortodossa considera l'obbedienza una grande virtù.
L'obbedienza canonica è stata sempre messa in rilievo dai Padri Apostolici:
“ Conviene che voi non abusiate dell’età del vescovo, ma
per la potenza di Dio Padre gli tributiate ogni riverenza. In realtà
ho saputo che i vostri santi presbiteri non hanno abusato della giovinezza evidente
di lui, ma saggi in Dio sono sottomessi a lui, non a lui, ma al Padre di Gesù
Cristo che è il vescovo di tutti.” (Lettera ai cristiani di Magnesia,
III, 1).
Non obbedire al proprio vescovo significa uscire dalla Chiesa: (Ignazio d'Antiochia,
Lettera agli Smirnesi. IX, 1) “E' bello riconoscere Dio e il vescovo.
Chi onora il vescovo viene onorato da Dio. Chi compie qualche cosa di nascosto
dal vescovo serve il diavolo”.
Senza il Vescovo e senza obbedienza nei Suoi confronti non esiste Chiesa “.
Come Gesù Cristo segue il Padre, seguite tutti il vescovo e i presbiteri
come gli apostoli; venerate i diaconi come la legge di Dio. Nessuno senza il
vescovo faccia qualche cosa che concerne la Chiesa. Sia ritenuta valida l'eucaristia
che si fa dal vescovo o da chi è da lui delegato. 2. Dove compare il
vescovo, là sia la comunità, come là dove c'è Gesù
Cristo ivi è la Chiesa cattolica. Senza il vescovo non è lecito
né battezzare né fare l'agape; quello che egli approva è
gradito a Dio, perché tutto ciò che si fa sia legittimo e sicuro.
“ ((Ignazio d'Antiochia, Lettera agli Smirnesi, VIII, 1).
L'obbedienza da parte dei chierici al proprio vescovo eparchiale mantiene l'unità
della Chiesa: “Qualunque chierico deve avere presente di fronte alla sua
mente ed ai suoi occhi l'idea di rispettare l'Autorità Ecclesiastica
oppure la Gerarchia Superiore. Ogni chierico che deviasse da questa santa via,
lavorerebbe direttamente per la distruzione della Chiesa, lavorerebbe direttamente
contro se stesso” (Erbiceanu, Despre Ierarhie, 1028).
L'obbedienza canonica è prevista da numerosi canoni: viene considerato
come disubbidienza l'atto del chierico che lascia l'eparchia senza il permesso
del suo vescovo (Canone 15 degli Apostoli), oppure l'atto del chierico che senza
il permesso del suo vescovo eparchiale prende possesso di un servizio ecclesiastico
in un'altra eparchia (Canone 17 del Concilio Trullano, 691); i monaci devono
obbedire al Vescovo Eparchiale (Canone 4° del IV Concilio Ecumenico di Calcedone,
451); costituisce un atto di disubbidienza celebrare la messa in una cappella
privata senza il permesso del vescovo eparchiale (Canone 31 degli Apostoli e
31 del Concilio Trullano);
rappresenta lo stesso un atto di disubbidienza insultare il proprio vescovo.
Il Canone 39 degli Apostoli è la sintesi di tutto ciò che abbiamo
detto prima: “I presbiteri ed i diaconi non devono fare niente senza il
permesso del loro Vescovo, poiché a lui [al Vescovo] è stato affidato
il popolo del Signore e a lui [al Vescovo] sarà chiesto di rispondere
per le loro anime”, e ciò vuol dire che il vescovo deve essere
almeno informato dai suoi chierici su tutti gli aspetti della loro vita ed attività
ed avere la benedizione del vescovo e la sua approvazione per ogni azione che
compiono.
L'obbligo dell'ubbidienza canonica nasce dal momento in cui il candidato viene
ordinato dal suo vescovo eoarchiale: “perché una volta data la
grazia [del sacerdozio] questa non si può amministrare secondo il buon
piacimento di colui che l'ha ricevuta, ma in conformità con certe regole
consacrate dalla nostra tradizione ecclesiastica” (Stanculescu, Ascultarea
canonica, 478).
Come immediata espressione della dipendenza ed obbedienza canonica dovuta al
Vescovo abbiamo nella tradizione ortodossa l'obbligo di pregare per i nostri
superiori e di ricordare il proprio vescovo eparchiale nella Santa Liturgia:
“La commemorazione dei propri Vescovi nella Santa Liturgia era una prova
evidente della comunione canonica dei preti con i loro superiori gerarchici.
Il vescovo eparchiale era menzionato nel “Dipticon” di ciascuna
Chiesa. Questa prassi della Chiesa
primitiva era l'espressione di quella “communicatio in sacris” dell'intera
comunità dei fedeli e del loro sacerdote con il Gerarca del luogo”
(Dura, Dipticele).
Rifiutarsi di commemorare il proprio Gerarca rappresenta un atto di grave disubbidienza;
“Con il fine di conservare l'unità ecclesiastica della Chiesa,
i Santi Padri hanno deciso la dimissione dallo stato clericale del sacerdote
che non commemora il suo vescovo nei servizi sacri” (Dura, Dipticele).
L'opera di evangelizzazione, di santificazione e di guida che la Chiesa svolge
per la redenzione del popolo di Dio è affidata al Vescovo come Capo della
Chiesa Locale ed ai sacerdoti.
Affinché questa opera si svolga con una totale efficienza e nei migliori
dei modi bisogna che traVescovo e sacerdoti sia una permanente comunicazione,
armonia e coordinamento e per raggiungere questo stato l'obbedienza canonica
costituisce l'elemento basilare.
B IBLIOGRAFIA
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al Bisericii
Ortodoxe Romane, Bucuresti, 1987
5. Dumitru RADU, MANTUIREA OBIECTIVA SAU RASCUMPARAREA (La Salvezza Oggettiva
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6. Nicolae MILAS, CANOANELE BISERICII ORTODOXE, (traduzione fatta da Uros Kovincici
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7. I. F. STANCULESCU, “ASCULTAREA CANONICA”, articolo in lingua
rumena pubblicato dalla Rivista “Studii
Teologice”, XIV (1962), p 471-488.
8. Constantin ERBICEANU, “DESPRE IERARHIE ORI GUVERNAMINTU IN BISERICA
ORTODOXA”, articolo in lingua rumena
pubblicato dalla,a rivista “Biserica Ortodoxa Romana” anul XXVIII
(1905), p. 1020-1028.
9. Nicolae DURA, “DIPTICELE – STUDIU ISTORICO-CANONIC E LITURGIC”,
articol aparut in revista “Studii Teologice”
anul XXIX (1977), pagine 636-659.
ARCIMANDRITA STEFAN POPA